Dopo la morte di una persona cara, possono nascere dei dissapori per la sua eredità. Uno dei casi è quello di Pietro Mennea, il cui testamento potrebbe essere falso secondo i suoi fratelli.
I fratelli del velocista mondiale dei 200 metri, Enzo, Luigi e Giuseppe hanno impugnato il testamento dell’atleta, morto il 21 marzo 2015, in quanto ritengono che l’atto olografo non sia stato stilato dal primatista barlettano. Nel testamento, redatto nove giorni prima della morte, l’atleta azzurro nominava sua erede universale la moglie Manuela Olivieri.
“Mio fratello” - spiega Enzo Mennea, uno dei fratelli - “era ammalato, si sottoponeva alla terapia del dolore e gli venivano somministrati farmaci potenti, sia per la terapia contro il cancro, sia per sedarlo. Non ci vuole una laurea in medicina, anche uno studente al primo anno sa che una persona in quelle condizioni non ha la capacità, ne la forza, ne la lucidità di scrivere e di farlo in modo fluente”.
Secondo Enzo “quel testamento è falso, non l’ha scritto mio fratello”. A supporto di questa teoria i tre ricorrenti hanno chiesto l’ausilio di un esperto che ha compiuto un esame grafologico sul testamento, dopo averlo visto e letto. L’erede universale è la moglie MANUELA OLIVIERI inoltre la grafia non è quella di Pietro.
E’ stato per questo che abbiamo voluto sincerarci del fatto che a scrivere fosse stato Pietro”. E spiega: “Conosco la scrittura di mio fratello, non sono un grafologo, un esperto, ma quando ho visto il testamento era chiaro che qualcosa non andasse, Pietro certe volte non puntava le “i”. Sia chiaro che noi non accusiamo nessuno ma vogliamo solo capire se è stato commesso un reato e siamo fiduciosi nella magistratura”.
Anche questo caso ci dimostra cosa può succedere dopo la morte.